lunedì 2 gennaio 2017

Fliyng Brooke di Marcello Corrà

 
 
 
“Eppure vi dico che possiamo farlo” disse ancora una volta Brooklyn.
Così la chiamavano la maggior parte delle volte, oppure l’apostrofavano dicendo semplicemente “l’americana”. Non era ben vista nel gruppo, aveva idee strane, rivoluzionarie per alcune, ma per tutte le altre era solo un po’ svitata. Se ne stava come la maggior parte delle volte, in bilico sul bordo del comò, a quasi un metro dal pavimento di parquet. Guardava giù, l’abisso, cercando di mantenere l’equilibrio sulla pancia tonda e levigata.
“Un giorno o l’altro finirai per schiantarti!”, abbaiò Bent Bulldog, “Legno con legno, sai che impatto!”
Il suo spigolo deciso scintillava lungo il bocchino d’ebanite nera, luce tagliente riflessa fino al fornello in radica pregiata. Guardava quella sciocca pipa in bilico attraverso il cerchio perfetto del fornello; non una scalfittura, una bruciatura, nulla. Nessun segno dopo parecchi anni di impeccabile servizio. Solido legno e polimeri perfettamente amalgamati: così era lei, semplicemente Bulldog come la chiamavano tutte, la vera leader del gruppo. Cosa passava per la testa di quella americana? Non aveva ancora capito? Non si era ancora resa conto di essere un pipa? Una pipa e basta, perdio!
“Bisogna prendere la velocità giusta” continuò Brooklyn, come se non avesse nemmeno sentito il solito sbraitare del cagnaccio (così, in verità, la chiamava lei). “ Velocità e portanza.”
“Portanza?” fece eco Roma alle lamentele di Bulldog “ Nun c’hai l’ali bella mia, nun sò se te ne sei mai resa conto!” Ah ah ah ah ….. sbottarono tutte le pipe in coro. Mentre tutte ridevano, Chiara guardò dritto nell’ovale di Dublino. Covava rabbia nei fornelli delle due amiche, rabbia per come tutte trattavano l’americana. Solo Oom Paul non la prendeva in giro, ma nemmeno la difendeva. “Smettetela, brucia tabacco che non siete altro” gridò Dublino. Bulldog non perse un attimo per replicare “ Coraggio irlandese, perché non ci provi anche tu!?”
“Torna indietro Brook, dai, lascia perdere” continuò Dublino senza dar retta allo sbraitare di Bent Bulldog “ Se cadi e ti spezzi finirai nel caminetto, insieme alla legna da ardere.”
“Velocità e portanza” ripeteva tra sé Brooklyn, come ipnotizzata. Era una bella pipa francese, radica bruna e plastica che manteneva ancora un bel colore nero: una forma magnifica, curva sinuosa ma non troppo, un modello “cornetta” si direbbe. Aveva viaggiato, dicevano le altre, aveva attraversato l’oceano almeno un paio di volte; l’atlantico, da Parigi a New York e ritorno. Beh, non proprio: era finita in Italia, dopo che uno scultore piemontese amante delle pipe, l’aveva scovata in un mercatino a Brooklyn: cinque dollari, questo l’amareggiava un po’, perché valeva ben di più, che diamine! Aveva visto le alpi per ben due volte, dal cielo immenso, e al termine del secondo viaggio era discesa dalla parti del lago Maggiore. Era da allora, raccontavano le altre pipe della collezione, che Brooklyn si era messa in testa di volare. “Volare” diceva a volte in un sussurro, mentre teneva il foro del fornello verso l’alto, a guardare quello spazio infinito, dove solo alle volute di fumo aromatico era concesso andare. Ad ogni boccata, osservava quella materia impalpabile salire lentamente, per poi dissolversi in spirali morbide e odorose.
“Il fumo non è affar nostro” l’aveva ripresa una volta una De Luxe.
“Non è affar nostro? Ma come? È da noi che si sprigiona, è quasi un alchimia tra fuoco, aria, tabacco e legno! Ogni volta è come se una parte di me prendesse il volo insieme a quel fumo, insieme al tabacco che il fuoco trasforma in alito di vento!”
“Non ti basta quello che hai qua? Tabacco fresco, scovolini per farti respirare bene, un comodo posto nella rastrelliera, cosa potresti volere d’altro?”
“Io non credo che sia tutto qua” disse improvvisamente Brooklyn, come riavendosi da un sogno ad occhi aperti. Chiara e Dublino le furono al fianco, preoccupate. “Brook, che hai oggi? Ci fai paura!”
“Velocità e portanza”, disse, guardandole un ultima volta.
Spiccò un balzo elegante, sagoma in radica lucida in rapida caduta libera. Pensò alle vaporose spirali di fumo azzurro, ne colse l’aroma deciso con sfumature dolci: “Mac Baren, Dunhill, Ashton”, sapori di cuoio e legno caldo, profumi intensi, profondi come un pensiero intimo, ardito, dissonante. Rivide le Alpi, candide e massicce, innocue da lassù. Sentì il vociare confuso delle altre pipe che guardavano incredule. Senti Dublino e poi Chiara. Bulldog, le parole taglienti del cagnaccio non sembravano più così dure, anzi … e poi Roma, Giubileo, Mister G, Oom Paul. L’aria le accarezzava i fianchi snelli: certo che era fatta per volare! Era questione di attimi. Velocità raggiunta proprio al limite. Portanza era questione anche di portamento, regalità, insomma di come reagisci alla situazione! Sfidò l’impatto impavida, e impaurito da tanto coraggio, l’impatto si sottrasse alle leggi della fisica. Era bellissima, pipa franco-americana col vezzo del volo e forme aerodinamiche.
C’era polvere sul pavimento, la senti strusciarle il ventre, un solletico piacevolmente morbido, come le formule dell’alchimia quantistica: pensò che dopo, avrebbe scritto due parole ad Heisenberg. Capì quello che provava il fumo ogni volta che le usciva dalla bocca tonda, così tonda che nemmeno Giotto avrebbe mai potuto. Pochi secondi, poi riaprì gli occhi, e vide le altre pipe in basso, vide le bocche tonde come sguardi increduli, stupiti in un coro di “Ohhh”. Corresse l’angolo della virata, e sorrise come poté.
Chiara e Dublino si presero per mano: fu il primo volo a due mai tentato nella storia delle pipe. “Banzai!” fece una pipa giappo, presa in una città del sol levante, e le altre dietro come su uno scivolo del lunapark. Sotto lo sguardo liquido di Brooklyn, sfilarono tutte le pipe, perfino Roma seguita da Bulldog, che non sembrava più un cagnaccio goffo, ma un Levriero Afghano in piena corsa libera. Ci volle qualche attimo per imparare le virate, per arrivare anche ai voli rovesciati! Lo stormo di pipe volteggiò nella mansarda, spazio aereo a dire il vero limitato, ma solo fino a quando una finestra si metterà a parlare con il sole.



martedì 19 luglio 2016

Aura Bianca 800/38 Luce Elisa

Aura Bianca 800/38 Luce Elisa, scultura di Marcello Corrà
commento di Elisa Simonotti



La Natura riposa ancora sotto un lieve mantello di neve e intanto una nuova vita si prepara ad affacciarsi timidamente al mondo.
E’ arrivato il momento di rinnovarmi e di guardare verso la nuova stagione pronta ad attendermi.
Festeggio la Luna di Ghiaccio e le chiedo di rendere migliore la mia esistenza, scrivendo la mia personale preghiera su un foglio di carta bianca
che affido alla corrente d’acqua di un fiume.
Il mio spirito si risveglia, il mio cuore si libera e la mia anima si riempie di luce.
Mi sento come se avessi lasciato la nebbia fitta del mio inverno più freddo
per abbracciare la primavera più gloriosa.


https://www.facebook.com/marcellocorrascultura/?fref=ts

 

martedì 4 agosto 2015

La biblioteca di Coluccio Salutati


Coluccio Salutati nasce il 6 febbraio 1332 a Stignano, oggi in provincia di Pistoia. Compie gli studi notarili a Bologna, diventa notaio ed inizialmente esercita la professione nella natia Valdinievole. Trova impiego come cancelliere, ossia come responsabile della redazione e del rilascio dei documenti ufficiali del comune, a Todi (1367); insoddisfatto, tenta invano di inserirsi nella curia papale; lavora poi come cancelliere del comune di Lucca (1370) e a partire dal 19 aprile 1375 del comune di Firenze. Sino alla sua morte (4 maggio 1406) e per i posteri, egli è il Cancelliere fiorentino per eccellenza: raccoglie l’eredità del primo, Brunetto Latini (il maestro di Dante Alighieri) e apre una prestigiosa catena di cancellieri umanisti. Due di questi, Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini, sono suoi diretti allievi e figli spirituali.
Nello stesso 1375, in cui gli viene conferito l’incarico di cancelliere del comune di Firenze, Coluccio Salutati riceve la gravosa eredità spirituale di Francesco Petrarca, morto l’anno prima, e di Giovanni Boccaccio, deceduto quell’anno stesso.
Salutati non ha il genio dei due grandi poeti scomparsi, ma compensa con una pari tempra intellettuale. In particolare, è per interessamento di Salutati che nel 1397 il Comune di Firenze assegna al  bizantino Emanuele Crisolora l’insegnamento della lingua e della letteratura greca nello Studio cittadino.
In ogni caso, l’attività di intellettuale e di scrittore di Coluccio Salutati non risulta per nulla frenata dall’impegno pubblico. Essa comprende un fitto scambio epistolare sempre  con i principali esponenti della cultura italiana e europea, il libro De laboribus Herculis, opera d’erudizione classica e di medievale interpretazione, una serie di scritti su temi nevralgici quali De seculo et religione, De fato et fortuna, De nobilitate legum et medicine, De tyranno e la così detta Invectiva in Antonium Luschum. Alcune di queste opere permettono di ricostruire pensieri e intime convinzioni dell’anziano Salutati: l’orazione Invectiva in Antonium Luschum si pone come risposta in nome della patria, non del cancelliere, ma del cittadino, all’attacco ideologico; l’epistola al monaco camaldolese Giovanni da San Miniato, a nome dell’allievo Angelo Corbinelli, è una strenua difesa della poesia classica e del suo studio; la lettera al domenicano Giovanni Dominici in risposta alla Lucula noctis, l’ultima del suo epistolario, segna in modo fermo e chiaro la frontiera dell’Umanesimo.

La collezione libraria 

Coluccio Salutati arrivò ad allestire una biblioteca privata tra le più vaste dell’epoca.
Berthold Louis Ullman fu il primo a proporre una ricostruzione della biblioteca salutatiana, arrivando a catalogare 111 manoscritti. Di questi uno risulta dubbio (BML 66. 2 Giuseppe Flavio Antiquitates) e quattro sono stati rifiutati, non contenendo elementi certi che possano attestare l’appartenenza salutatiana (BML 41.10 Petrarca Canzoniere, BML Ashb.1726 Rhatorica ad Herennium, BML Edili 213 Cicerone De Officiis, Bibl. nat. de France Catullo)
Oggi possiamo affermare che della biblioteca di Salutati ci sono rimasti 148 manoscritti tra certi e altamente probabili. Ma la collezione aveva proporzioni ben più ampie, come indica chiaramente il numero d’ordine «614» che compare nel codice Vat. lat. 845. Ma il numero potrebbe essere anche maggiore. Poggio Bracciolini, infatti, nell’orazione funebre per il Niccoli accennando all’importante lascito dell’amico, e cioè la biblioteca, passa in rassegna le collezioni librarie di altri quattro grandi umanisti, Petrarca, Boccaccio, Marsili e Salutati. Bracciolini attribuisce al Niccoli e al Salutati 800 volumi ciascuno.
I codici di Salutati sono facilmente identificabili grazie a un contrassegno presente sul margine superiore del primo foglio, e alla nota di possesso posta alla fine del codice.
Il contrassegno è costituito, nella sua forma completa, da un numero progressivo o di catena, sempre in cifre arabe, seguito dall’indicazione del numero di carte, solitamente in numero romano.
La nota di possesso è scritta da Salutati sempre alla fine del testo, immediatamente sotto l’ultima riga. Dopo il 1375 è spesso aggiunta la qualifica di cancelliere.
In assenza di contrassegno e nota di possesso, alcuni manoscritti possono essere ricondotti alla raccolta di Salutati grazie alla presenza di annotazioni riferibili alla sua mano.
La presenza di notizie sull’acquisto o provenienza dei codici è rarissima. La più antica, che può essere anche considerata l’atto di fondazione della biblioteca, è scritta da un Salutati ventiquattrenne e ricorda l’acquisto di quattro codici.
Sul complesso della biblioteca di Salutati i libri antichi o vecchi, databili entro la metà del XIV secolo, sono 82 su 148. Fra i libri databili dalla metà del Trecento al 1406, alcuni furono indubbiamente acquistati già pronti da Salutati, mentre altri gli furono donati. Altri ancora furono sicuramente confezionati su suo mandato e per cura di suoi corrispondenti. Un esempio è il codice delle Elegie di Properzio (Plut. 36.49), realizzato a Padova intorno al 1381 da un copista dell’ambito di Lombardo della Seta.
Altri libri furono scritti dallo stesso Salutati o da copisti da lui scelti, soprattutto a partire dal 1375 e cioè quando, divenuto cancelliere della Repubblica fiorentina, consolidò la sua fortuna e si pose al centro di una vasta rete di rapporti letterari, diventando, soprattutto dall’ultimo decennio del secolo, il caposcuola di un vero e proprio circolo letterario.
Salutati non fu un copista prolifico. Soltanto due codici sono interamente di sua mano. Tutti e due furono realizzati prima della nomina a cancelliere: il Seneca di Londra, l’unico codice da lui firmato, e il Boezio Laurenziano. Gli altri autografi vedono Salutati affiancato da qualche collaboratore o coordinare i suoi copisti. Questi lavori sono tutti successivi al 1375. Per la copia dei propri libri Salutati fece ricorso a due diversi tipi di scrittura, caratteristici della cultura grafica trecentesca: la littera textualis e, più raramente, la corsiva di matrice notarile. Risale agli ultimi anni di vita di Salutati (ed è comunque posteriore al 1387) l’unico esperimento di littera antiqua all’interno di un codice delle lettere di Plinio il Giovane. Oltre a coloro che collaborarono con Salutati alla confezione di un codice, è possibile identificare con ragionevole sicurezza come “copisti di Salutati” coloro che ricorrono più volte in manoscritti della sua biblioteca e ai quali Salutati affidò la copia delle sue opere. Ullman arrivò ad individuare 7 copisti. Ad Ambrogio da Firenze (Copista 1) si deve la copia di alcuni libri della biblioteca e del De seculo et religione di Salutati. Al Copista 2 di deve la realizzazione di alcuni codici della biblioteca di Salutati, in un’elegante littera textualis, tra cui il Laurenziano 30 21 e il S. Marco 603. Il Copista 3 è stato identificato con Iacopo Angeli da Scarperia (ca. 1360 - 1410/11), uno dei primi allievi di Salutati. L’identificazione di Iacopo Angeli da Scarperia è stata possibile dalla lettura di due note di possesso presenti rispettivamente in Oxford, Bodleian Library, Ital.e.6 e Laurenziana, Ashb. 1049. Il Copista 4,oltre ad aver collaborato con Salutati alla copia del Lattanzio Placido, è noto per aver copiato alcuni fogli del ms. Vat. lat. 3110 e per aver scritto la prima parte del De seculo et religione con correzioni autografe di Salutati, inviato intorno al 1381 Girolamo da Uzzano. Anche il Copista 5 collaborò con Salutati all’allestimento del Lattanzio Placido forteguerriano. Tra la fine del Trecento e gli anni immediatamente successivi alla morte di Salutati, inoltre, sembra assumere il ruolo di editore ufficiale delle opere di Salutati. Al Copista 6 Salutati affidò la copia del De nobilitate legum et medicine che faceva parte della sua biblioteca (col contrassegno 'Carte LX'). Al Copista 7 si devono due libri della biblioteca di Salutati: il Laurenziano 36. 47 e l’Ottob. lat. 1829.

Su 148 volumi, 54 contengono prevalentemente classici latini, 42 i Padri della Chiesa. Fra i classici le presenze sono ben artcolate. Tra gli autori di opere morali e filosofiche troviamo Cicerone,Seneca, Boezio. Di Cicerone Salutati possedeva anche alcune opere retoriche (De inventione, Partitiones oratoriae, Topica, Orazioni), le epistole ad Brutum, ad Quintum fratrem, ad Atticum, ad Familiares e la traduzione del Timaeus di Platone. Troviamo poi le Commedie di Plauto. Tra i grammatici sono presenti Prisciano e Donato e il De difinitionibus di Vittorino. Molto aggiornata rispetto alle scoperte petrarchesche le serie dei poeti: Ovidio, Tibullo, Properzio, Orazio, Lucano, Catullo, Virgilio. Tra i prosatori d’età imperiale individuiamo Apuleio e i due Plinii.

Segnaliamo tra gli storici Valerio Massimo, Giuseppe Flavio, Svetonio e tra gli epitomi Floro e Vegezio. Ci sono poi i trattati di argomento geografico di Pomponio Mela e Vibio Sequestre e il De agricoltura di Palladio. Per quanto riguarda invece l’astronomia sono presenti Igino, Germanico e Macrobio. Da segnalare anche i commenti di Vittorino (Commentarii in Ciceronis rhetorica), Servio (Comm. in Vergili carmina), Macrobio (Comm. in Somnium Scipionis), Fulgenzio (Expositio Virgilianae continentiae), Boezio (In Topica Ciceronis), Arnolfo d’Orléans (Super Lucanum) e Guglielmo di Conches (In Priscianum).

sabato 16 maggio 2015

La nostalgia dei girasoli di Gabriella Colletti

Gabriella Colletti, La nostalgia dei girasoli, Manni editore, 2014


Lo scorso ottobre partecipai alla presentazione del primo romanzo La nostalgia dei girasoli di Gabriella Colletti, docente e autrice testi di saggistica artistica e letteraria e di poesia in volume e su riviste specializzate. Molto incuriosita, lessi il libro tutto d'un fiato durante il fine settimana. Rimasi molto colpita, tanto da sentire la necessità di scrivere all'autrice per condividere le sensazioni provate.
Questo romanzo infatti è molto ricco. Lungo le linee su cui si narrano le vicende dei due protagonisti, Boris, scienziato di Mosca che viene reclutato per un importante progetto di ricerca in Kazakistan e Dana, ragazzina nata e cresciuta nella povertà di un piccolo villaggio della Moldavia a cui toccherà la terribile sorte di essere 'venduta' dalla famiglia a tredici anni, finendo così segregata a Istanbul e costretta a prostituirsi, si inseriscono e si intrecciano le storie di molti altri personaggi, in un'alternanza continua spazio-temporale, come se fosse un vero e proprio montaggio cinematografico. 
Bravissima l'autrice a incastrare tutto ciò e a tenere le fila di queste storie che solo alla fine, inaspettatamente, si ricongiungono, completando il puzzle.
La nostalgia dei girasoli racchiude tanti sogni, tante speranze che vengono, quasi sempre, spezzate da un destino crudele, sullo sfondo dell'Est Europa, con tutte le sue problematiche dagli anni Cinquanta, passando per la caduta dell'Unione Sovietica, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Tutto viene raccontato con grande sensibilità da parte di Gabriella Colletti, che riesce ad entrare nella vita di ogni personaggio, dando voce a sogni, delusioni, ma anche voglia di riscatto. L'autrice scava a fondo e anche i personaggi negativi, 'i cattivi', alla fine, in qualche modo, sono a loro volta delle vittime.

lunedì 4 maggio 2015

The Desert, di Adonis

Adonis o Adunis (أدونيس‎), pseudonimo di Alī Ahmad Sa'īd Isbir (علي أحمد سعيد إسبر‎‎), (1gennaio 1930), è un poeta e saggista libanese di origine siriana.

Dopo gli studi condotti presso l'Università di Damasco e poi all'Università Saint Joseph di Beirut, Adonis pubblica nel 1957 la prima raccolta poetica, la quale viene bene accolta e gli vale la stima del poeta libanese Yūsuf al-Khāl (sotto lo pseudonimo di Unsi al-Hajj). quest'ultimo lo invita a contribuire alla nascita della rivista Shiʿr (Poesia).

Adonis è stato molto attivo all'interno del dibattito politico-culturale, estetico e filosofico. Insieme al poeta iracheno al-Sayyāb e al palestinese Ğabrā Ibrāhīm Ğabrā è tra i fondatori del gruppo Tammuzi, dal nome della divinità babilonese, appunto per simboleggiare la volontà di una rinascita culturale araba, rileggendone il patrimonio in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. In quest'ambito si pone, per l'approccio innovativo, anche l'antologia della poesia classica araba curata dallo stesso Adonis.

Gli anni sessanta sono anche quelli di importanti opere poetiche, tra cui i Canti di Mihyār il damasceno (1961), scritto dopo un lungo soggiorno parigino e Il teatro e gli specchi (1968), e della fondazione di nuove riviste quali Afāq (Orizzonti) nel 1964 e Mawāqif (Posizioni) nel 1968 in cui vengono ospitate sperimentazioni poetiche, poesie in arabo dialettale, traduzioni dalle maggiori esperienze poetiche contemporanee (Rilke, Rimbaud, Eliot) e poemi in prosa.

L'opera di Adonis è stata tradotta in molte lingue. Tra le più significative raccolte poetiche si segnalano: Qālat al-Ard (1952; Disse la terra), Aghānī Mihyār ad-Dīmashqi, (1961; I canti di Mihyār al-Dimashqi), Qabr min ajal New York (1971; Una tomba per New York), Kitāb al-Hisār (1986; Il libro dell'assedio), Introduzione alla poetica araba (1992), Poesie (1993), Sijjil (2000), Mūsīqā al-hūt al-azraq (2005; La musica della balena azzurra), Al-Muhīt al-aswad (2006), L'oceano nero.

In Italia gli è stato assegnato nel 1999 il Premio Nonino per la poesia. Nel 2000 gli è conferito il Premio LericiPea per l'Opera Poetica. È stato più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura.

L'artista e musicista Diamanda Galàs interpreta nell'album del 2003 'Defixiones. Will and testament. Orders from the dead' un brano di Adonis tratto dalla raccolta The Diary of Beirut Under Siege, 1982.
Ecco la versione tradotta in inglese da Abdullah al-Udhari.


THE DESERT

1
 My era tells me bluntly:
You do not belong.
I answer bluntly:
I do not belong,
I try to understand you.
Now I am a shadow
Lost in the forest
Of a skull

2
 I'm on my feet, the wall is a fence —
The distance shrinks, a window recedes.
Daylight is a thread
Snipped by my lungs to stitch the evening.

3
 All I said about my life and death
Recurs in the silence
Of the stone under my head …

4
Am I full of contradictions? That is correct.
Now I am a plant. Yesterday, when I was between fire
and water
I was a harvest.
Now I am a rose and live coal,
Now I am the sun and the shadow
I am not a god.
Am I full of contradictions? That is correct …

5
The moon always wears
A stone helmet
To fight its own shadows.

6
 The door of my house is closed.
Darkness is a blanket:
A pale moon comes with
A handful of light
My words fall
To convey my gratitude.

7
 The killing has changed the city's shape — This rock
is bone
This smoke people breathing.

8
 We no longer meet,
Rejection and exile keep us apart.
The promises are dead, space is dead,
Death alone has become our meeting point.

9
 He shuts the door
Not to trap his joy
… But to free his grief.

10
 A newscast
About a woman in love
Being killed,
About a boy being kidnapped
And a policeman growing into a wall.

11
 Whatever comes it will be old
So take with you anything other than this madness — get ready
To stay a stranger …

12
They found people in sacks:
One without a head
One without a tongue or hands
One squashed
The rest without names.
Have you gone mad? Please.
Do not write about these things.

13
 You will see
Say his name
Say I painted his face
Stretch your hand to him
Or walk like any man
Or smile
Or say I was once sad
You will see
There is no homeland …

14
There may come a time when you'll be
Accepted to live deaf and dumb, and perhaps
They'll let you mumble: death,
Life, resurrection —
And peace be upon you.

15
 He wears Jihad uniform, struts in a mantle of ideas.
A merchant — he does not sell clothes, he sells people.

16
 They took him to a ditch and burnt him.
He was not a murderer, he was a boy.
He was not …
He was a voice
Vibrating, scaling the steps of space.
And now he's fluting in the air.

17
 Darkness.
The earth's trees have become tears on heaven's cheeks.
An eclipse in this place.
Death snapped the city's branch and the friends departed.

18
 You do not die because you are created
or because you have a body
You die because you are the face of the future.

19
 The flower that tempted the wind to carry its perfume
Died yesterday.

20
 The sun no longer rises
It covers its feet with straw
And slips away …







Figli della luna di Maurizio Leigheb

Maurizio Leigheb, Figli della luna. Vita e morte tra i pigmei della Nuova Guinea, Novara, Interlinea, 2013

Questa narrazione è anche un caso antropologico. Racconta in prima persona la vera storia di una straordinaria sopravvivenza umana: il popolo dei Pigmei Fa che vive in una sperduta valle sui monti della Nuova Guinea indonesiana. Sono uomini e donne destinati a soccombere e forse a scomparire per sempre all’arrivo degli invasori stranieri. L’etnologo Leigheb viene a contatto con loro subendo il profondo fascino dei luoghi e dell’esistenza isolata e “primitiva” delle comunità indigene fino a raccogliere il loro racconto, che mescola la realtà con la potenza creativa del sogno e la magia. Al di là delle avvincenti vicende narrate, il libro adombra anche problematiche e conflitti di natura universale come la costante lotta tra il Bene e il Male e l’osservazione di comportamenti, sentimenti e pulsioni. Un fantastico viaggio nel tempo e nell’evoluzione dell’uomo.

'amiamo queste montagne verdi, queste valli scoscese e profonde, […] amiamo la luce pura e violenta che le illumina, il cielo che le sovrasta e le loro notti piene di stelle, dove appare Wala, la grande madre luna, che veglia su di noi'





Sonno di Murakami Haruki


Murakami Haruki, Sonno, illustrazioni di Kat Menschik, Torino, Einaudi, 2014




Un'illustratrice visionaria e lo scrittore-illusionista per eccellenza si incontrano al confine tra il sonno e la veglia. Uno dei piú bei racconti di Murakami Haruki, in un'edizione accompagnata dagli splendidi disegni di Kat Menschik.
Una donna attraversa la routine di giorni tutti uguali finché qualcosa di inaspettato irrompe nella sua vita: smette di dormire. Quello che all'inizio sembra un dono diventa la porta di accesso a una realtà segreta e inquietante.