Coluccio Salutati nasce il 6
febbraio 1332 a Stignano, oggi in provincia di Pistoia. Compie gli studi
notarili a Bologna, diventa notaio ed inizialmente esercita la professione
nella natia Valdinievole.
Trova impiego come cancelliere, ossia come responsabile della redazione e del rilascio dei documenti ufficiali del comune, a Todi (1367); insoddisfatto, tenta invano di inserirsi nella curia papale; lavora poi come cancelliere del comune di Lucca (1370) e a partire dal 19 aprile 1375 del comune di Firenze. Sino alla sua morte (4 maggio 1406) e per i posteri, egli è il Cancelliere fiorentino per eccellenza: raccoglie l’eredità del primo, Brunetto Latini (il maestro di Dante Alighieri) e apre una
prestigiosa catena di cancellieri umanisti. Due di questi, Leonardo Bruni e
Poggio Bracciolini, sono suoi diretti allievi e figli spirituali.
Nello stesso 1375, in cui gli viene conferito l’incarico di cancelliere del comune di Firenze, Coluccio Salutati riceve la gravosa eredità spirituale di Francesco Petrarca, morto l’anno prima,
e di Giovanni Boccaccio, deceduto quell’anno stesso.
Salutati non ha il genio dei due grandi poeti scomparsi, ma compensa con una pari tempra intellettuale. In particolare, è per interessamento di Salutati che nel 1397 il Comune di Firenze assegna al bizantino Emanuele Crisolora l’insegnamento della lingua e della letteratura greca nello Studio cittadino.
In ogni caso, l’attività di intellettuale e di scrittore di Coluccio Salutati non risulta per nulla frenata dall’impegno pubblico. Essa comprende un fitto scambio epistolare sempre con i principali esponenti della cultura
italiana e europea, il libro De laboribus Herculis, opera d’erudizione
classica e di medievale interpretazione, una serie di scritti su temi
nevralgici quali De seculo et religione, De fato et fortuna, De
nobilitate legum et medicine, De tyranno e la così detta Invectiva
in Antonium Luschum. Alcune di queste opere permettono di ricostruire
pensieri e intime convinzioni dell’anziano Salutati: l’orazione Invectiva in
Antonium Luschum si pone come risposta in nome della patria, non del
cancelliere, ma del cittadino, all’attacco ideologico; l’epistola al monaco
camaldolese Giovanni da San Miniato, a nome dell’allievo Angelo Corbinelli, è
una strenua difesa della poesia classica e del suo studio; la lettera al
domenicano Giovanni Dominici in risposta alla Lucula noctis, l’ultima del suo
epistolario, segna in modo fermo e chiaro la frontiera dell’Umanesimo.
La collezione libraria
Coluccio Salutati arrivò ad allestire una biblioteca privata tra le più vaste dell’epoca.
Berthold Louis Ullman fu il primo a proporre una ricostruzione della biblioteca salutatiana, arrivando a catalogare 111 manoscritti. Di questi uno risulta dubbio (BML 66. 2 Giuseppe Flavio Antiquitates) e quattro sono stati rifiutati, non contenendo elementi certi che possano attestare l’appartenenza salutatiana (BML 41.10 Petrarca Canzoniere, BML Ashb.1726 Rhatorica ad Herennium, BML
Edili 213 Cicerone De Officiis, Bibl.
nat. de France Catullo)
Oggi possiamo affermare che della biblioteca di Salutati ci sono rimasti 148 manoscritti tra certi e altamente probabili. Ma la collezione aveva proporzioni ben più ampie, come indica chiaramente il numero d’ordine «614» che compare nel codice Vat. lat. 845. Ma il numero potrebbe essere anche maggiore. Poggio Bracciolini, infatti, nell’orazione funebre per il Niccoli accennando
all’importante lascito dell’amico, e cioè la biblioteca, passa in rassegna le
collezioni librarie di altri quattro grandi umanisti, Petrarca, Boccaccio,
Marsili e Salutati. Bracciolini attribuisce al Niccoli e al Salutati 800 volumi
ciascuno.
I codici di Salutati sono facilmente identificabili grazie a un contrassegno presente sul margine superiore del primo foglio, e alla nota di possesso posta alla fine del codice.
Il contrassegno è costituito, nella sua forma completa, da un numero progressivo o di catena, sempre in cifre arabe, seguito dall’indicazione del numero di carte, solitamente in numero romano.
La nota di possesso è
scritta da Salutati sempre alla fine del testo, immediatamente sotto l’ultima
riga. Dopo il 1375 è spesso aggiunta la qualifica di cancelliere.
https://www.academia.edu/10719284/L_ESPOSITIONE_DI_RINALDO_CORSO_ALLE_RIME_DI_VITTORIA_COLONNA
http://sistemabibliotecariomedionovarese.blogspot.it/2015/02/libri-rari-preziosi-curiosi-rinaldo.html
In assenza di contrassegno e nota di possesso, alcuni manoscritti
possono essere ricondotti alla raccolta di Salutati grazie alla presenza di annotazioni riferibili alla sua mano.
La presenza di notizie sull’acquisto o provenienza dei codici è rarissima. La più antica, che può essere anche considerata l’atto di fondazione della biblioteca, è scritta da un Salutati ventiquattrenne e ricorda l’acquisto di quattro codici.
Sul complesso della biblioteca di Salutati i libri antichi o vecchi, databili entro la metà del XIV secolo, sono 82 su 148. Fra i libri databili dalla metà del Trecento al 1406, alcuni furono indubbiamente acquistati già pronti da Salutati, mentre altri gli furono donati. Altri ancora furono sicuramente confezionati su suo mandato e per cura di suoi corrispondenti. Un esempio è il codice delle Elegie di Properzio (Plut. 36.49), realizzato a Padova intorno al 1381 da un copista dell’ambito di Lombardo della Seta.
Altri libri furono scritti dallo stesso Salutati o da copisti da lui scelti, soprattutto a partire dal 1375 e cioè quando, divenuto cancelliere della Repubblica fiorentina, consolidò la sua fortuna e si pose al centro di una vasta rete di rapporti letterari, diventando, soprattutto dall’ultimo
decennio del secolo, il caposcuola di un vero e proprio circolo letterario.
Salutati non fu un copista prolifico. Soltanto due codici sono interamente di sua mano. Tutti e due furono realizzati prima della nomina a cancelliere: il Seneca di Londra, l’unico codice da lui firmato, e il Boezio Laurenziano. Gli altri autografi vedono Salutati affiancato da qualche collaboratore o coordinare i suoi copisti.
Questi lavori sono tutti successivi al 1375.
Per la copia dei propri libri Salutati fece ricorso a due diversi tipi di scrittura, caratteristici della cultura grafica trecentesca: la littera textualis
e, più raramente, la corsiva di matrice notarile. Risale agli ultimi anni di vita di Salutati (ed è comunque posteriore al 1387) l’unico esperimento di littera
antiqua all’interno di un codice delle lettere di Plinio il Giovane. Oltre a coloro che collaborarono con Salutati alla confezione di un codice, è possibile identificare con ragionevole sicurezza come “copisti di Salutati” coloro che ricorrono più volte in manoscritti della sua biblioteca e ai quali Salutati affidò la copia delle sue opere. Ullman arrivò ad individuare 7 copisti. Ad Ambrogio da Firenze (Copista 1) si deve la copia di alcuni libri della biblioteca e del De seculo et religione di Salutati. Al Copista 2 di deve la realizzazione di alcuni codici della biblioteca di Salutati, in un’elegante littera textualis, tra cui il Laurenziano 30 21 e il S. Marco 603. Il Copista 3 è stato identificato con Iacopo Angeli da Scarperia (ca. 1360 - 1410/11), uno dei primi allievi di Salutati. L’identificazione di Iacopo Angeli da Scarperia è stata possibile dalla lettura di due note di possesso presenti rispettivamente in Oxford, Bodleian Library, Ital.e.6 e Laurenziana, Ashb. 1049. Il Copista 4,oltre ad
aver collaborato con Salutati alla copia del Lattanzio Placido, è noto per aver
copiato alcuni fogli del ms. Vat. lat. 3110 e per aver scritto la prima parte
del De seculo et religione con correzioni autografe di Salutati, inviato
intorno al 1381 Girolamo da Uzzano.
Anche il Copista 5 collaborò con Salutati all’allestimento del Lattanzio Placido forteguerriano. Tra la fine del Trecento e gli anni immediatamente successivi alla morte di Salutati, inoltre, sembra assumere il ruolo di editore ufficiale delle opere di Salutati.
Al Copista 6 Salutati affidò la copia del De nobilitate legum et medicine che faceva parte della sua biblioteca (col contrassegno 'Carte LX'). Al Copista 7 si devono
due libri della biblioteca di Salutati: il Laurenziano 36. 47 e l’Ottob. lat.
1829.
Su 148 volumi, 54 contengono prevalentemente classici latini, 42 i Padri della Chiesa.
Fra i classici le presenze sono ben artcolate. Tra gli autori di opere morali e filosofiche troviamo Cicerone,Seneca, Boezio. Di Cicerone Salutati possedeva anche alcune opere retoriche (De inventione, Partitiones oratoriae, Topica, Orazioni), le epistole ad Brutum, ad Quintum fratrem, ad Atticum, ad Familiares e la traduzione del Timaeus di Platone. Troviamo poi le Commedie di Plauto. Tra i grammatici sono presenti Prisciano e
Donato e il De difinitionibus di
Vittorino. Molto aggiornata rispetto alle scoperte petrarchesche le serie dei
poeti: Ovidio, Tibullo, Properzio, Orazio, Lucano, Catullo, Virgilio. Tra i
prosatori d’età imperiale individuiamo Apuleio e i due Plinii.
Segnaliamo tra gli storici
Valerio Massimo, Giuseppe Flavio, Svetonio e tra gli epitomi Floro e Vegezio. Ci
sono poi i trattati di argomento geografico di Pomponio Mela e Vibio Sequestre
e il De agricoltura di Palladio. Per
quanto riguarda invece l’astronomia sono presenti Igino, Germanico e Macrobio.
Da segnalare anche i commenti di Vittorino (Commentarii
in Ciceronis rhetorica), Servio (Comm.
in Vergili carmina), Macrobio (Comm.
in Somnium Scipionis), Fulgenzio (Expositio
Virgilianae continentiae), Boezio (In
Topica Ciceronis), Arnolfo d’Orléans (Super
Lucanum) e Guglielmo di Conches (In
Priscianum).
sabato 16 maggio 2015
La nostalgia dei girasoli di Gabriella Colletti

Gabriella Colletti, La nostalgia dei girasoli, Manni editore, 2014
Lo scorso ottobre partecipai alla presentazione del primo romanzo La nostalgia dei girasoli di Gabriella Colletti, docente e autrice testi di saggistica artistica e letteraria e di poesia in volume e su riviste specializzate. Molto incuriosita, lessi il libro tutto d'un fiato durante il fine settimana. Rimasi molto colpita, tanto da sentire la necessità di scrivere all'autrice per condividere le sensazioni provate.
Questo romanzo infatti è molto ricco. Lungo le linee su cui si narrano le vicende dei due protagonisti, Boris, scienziato di Mosca che viene reclutato per un importante progetto di ricerca in Kazakistan e Dana, ragazzina nata e cresciuta nella povertà di un piccolo villaggio della Moldavia a cui toccherà la terribile sorte di essere 'venduta' dalla famiglia a tredici anni, finendo così segregata a Istanbul e costretta a prostituirsi, si inseriscono e si intrecciano le storie di molti altri personaggi, in un'alternanza continua spazio-temporale, come se fosse un vero e proprio montaggio cinematografico.
Bravissima l'autrice a incastrare tutto ciò e a tenere le fila di queste storie che solo alla fine, inaspettatamente, si ricongiungono, completando il puzzle.
La nostalgia dei girasoli racchiude tanti sogni, tante speranze che vengono, quasi sempre, spezzate da un destino crudele, sullo sfondo dell'Est Europa, con tutte le sue problematiche dagli anni Cinquanta, passando per la caduta dell'Unione Sovietica, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Tutto viene raccontato con grande sensibilità da parte di Gabriella Colletti, che riesce ad entrare nella vita di ogni personaggio, dando voce a sogni, delusioni, ma anche voglia di riscatto. L'autrice scava a fondo e anche i personaggi negativi, 'i cattivi', alla fine, in qualche modo, sono a loro volta delle vittime.
lunedì 4 maggio 2015
The Desert, di Adonis
Adonis o Adunis (أدونيس), pseudonimo di Alī Ahmad Sa'īd Isbir (علي أحمد سعيد إسبر), (1gennaio 1930), è un poeta e saggista libanese di origine siriana.
Dopo gli studi condotti presso l'Università di Damasco e poi all'Università Saint Joseph di Beirut, Adonis pubblica nel 1957 la prima raccolta poetica, la quale viene bene accolta e gli vale la stima del poeta libanese Yūsuf al-Khāl (sotto lo pseudonimo di Unsi al-Hajj). quest'ultimo lo invita a contribuire alla nascita della rivista Shiʿr (Poesia).
Adonis è stato molto attivo all'interno del dibattito politico-culturale, estetico e filosofico. Insieme al poeta iracheno al-Sayyāb e al palestinese Ğabrā Ibrāhīm Ğabrā è tra i fondatori del gruppo Tammuzi, dal nome della divinità babilonese, appunto per simboleggiare la volontà di una rinascita culturale araba, rileggendone il patrimonio in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. In quest'ambito si pone, per l'approccio innovativo, anche l'antologia della poesia classica araba curata dallo stesso Adonis.
Gli anni sessanta sono anche quelli di importanti opere poetiche, tra cui i Canti di Mihyār il damasceno (1961), scritto dopo un lungo soggiorno parigino e Il teatro e gli specchi (1968), e della fondazione di nuove riviste quali Afāq (Orizzonti) nel 1964 e Mawāqif (Posizioni) nel 1968 in cui vengono ospitate sperimentazioni poetiche, poesie in arabo dialettale, traduzioni dalle maggiori esperienze poetiche contemporanee (Rilke, Rimbaud, Eliot) e poemi in prosa.
L'opera di Adonis è stata tradotta in molte lingue. Tra le più significative raccolte poetiche si segnalano: Qālat al-Ard (1952; Disse la terra), Aghānī Mihyār ad-Dīmashqi, (1961; I canti di Mihyār al-Dimashqi), Qabr min ajal New York (1971; Una tomba per New York), Kitāb al-Hisār (1986; Il libro dell'assedio), Introduzione alla poetica araba (1992), Poesie (1993), Sijjil (2000), Mūsīqā al-hūt al-azraq (2005; La musica della balena azzurra), Al-Muhīt al-aswad (2006), L'oceano nero.
In Italia gli è stato assegnato nel 1999 il Premio Nonino per la poesia. Nel 2000 gli è conferito il Premio LericiPea per l'Opera Poetica. È stato più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura.
Dopo gli studi condotti presso l'Università di Damasco e poi all'Università Saint Joseph di Beirut, Adonis pubblica nel 1957 la prima raccolta poetica, la quale viene bene accolta e gli vale la stima del poeta libanese Yūsuf al-Khāl (sotto lo pseudonimo di Unsi al-Hajj). quest'ultimo lo invita a contribuire alla nascita della rivista Shiʿr (Poesia).
Adonis è stato molto attivo all'interno del dibattito politico-culturale, estetico e filosofico. Insieme al poeta iracheno al-Sayyāb e al palestinese Ğabrā Ibrāhīm Ğabrā è tra i fondatori del gruppo Tammuzi, dal nome della divinità babilonese, appunto per simboleggiare la volontà di una rinascita culturale araba, rileggendone il patrimonio in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. In quest'ambito si pone, per l'approccio innovativo, anche l'antologia della poesia classica araba curata dallo stesso Adonis.
Gli anni sessanta sono anche quelli di importanti opere poetiche, tra cui i Canti di Mihyār il damasceno (1961), scritto dopo un lungo soggiorno parigino e Il teatro e gli specchi (1968), e della fondazione di nuove riviste quali Afāq (Orizzonti) nel 1964 e Mawāqif (Posizioni) nel 1968 in cui vengono ospitate sperimentazioni poetiche, poesie in arabo dialettale, traduzioni dalle maggiori esperienze poetiche contemporanee (Rilke, Rimbaud, Eliot) e poemi in prosa.
L'opera di Adonis è stata tradotta in molte lingue. Tra le più significative raccolte poetiche si segnalano: Qālat al-Ard (1952; Disse la terra), Aghānī Mihyār ad-Dīmashqi, (1961; I canti di Mihyār al-Dimashqi), Qabr min ajal New York (1971; Una tomba per New York), Kitāb al-Hisār (1986; Il libro dell'assedio), Introduzione alla poetica araba (1992), Poesie (1993), Sijjil (2000), Mūsīqā al-hūt al-azraq (2005; La musica della balena azzurra), Al-Muhīt al-aswad (2006), L'oceano nero.
In Italia gli è stato assegnato nel 1999 il Premio Nonino per la poesia. Nel 2000 gli è conferito il Premio LericiPea per l'Opera Poetica. È stato più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura.
L'artista e musicista Diamanda Galàs interpreta nell'album del 2003 'Defixiones. Will and testament. Orders from the dead' un brano di Adonis tratto dalla raccolta The Diary of Beirut Under Siege, 1982.
Ecco la versione tradotta in inglese da Abdullah al-Udhari.
THE DESERT
1
My era tells me bluntly:
You do not belong.
I answer bluntly:
I do not belong,
I try to understand you.
Now I am a shadow
Lost in the forest
Of a skull
My era tells me bluntly:
You do not belong.
I answer bluntly:
I do not belong,
I try to understand you.
Now I am a shadow
Lost in the forest
Of a skull
2
I'm on my feet, the wall is a fence —
The distance shrinks, a window recedes.
Daylight is a thread
Snipped by my lungs to stitch the evening.
I'm on my feet, the wall is a fence —
The distance shrinks, a window recedes.
Daylight is a thread
Snipped by my lungs to stitch the evening.
3
All I said about my life and death
Recurs in the silence
Of the stone under my head …
All I said about my life and death
Recurs in the silence
Of the stone under my head …
4
Am I full of contradictions? That is correct.
Now I am a plant. Yesterday, when I was between fire
and water
I was a harvest.
Now I am a rose and live coal,
Now I am the sun and the shadow
I am not a god.
Am I full of contradictions? That is correct …
Am I full of contradictions? That is correct.
Now I am a plant. Yesterday, when I was between fire
and water
I was a harvest.
Now I am a rose and live coal,
Now I am the sun and the shadow
I am not a god.
Am I full of contradictions? That is correct …
5
The moon always wears
A stone helmet
To fight its own shadows.
The moon always wears
A stone helmet
To fight its own shadows.
6
The door of my house is closed.
Darkness is a blanket:
A pale moon comes with
A handful of light
My words fall
To convey my gratitude.
The door of my house is closed.
Darkness is a blanket:
A pale moon comes with
A handful of light
My words fall
To convey my gratitude.
7
The killing has changed the city's shape — This rock
is bone
This smoke people breathing.
The killing has changed the city's shape — This rock
is bone
This smoke people breathing.
8
We no longer meet,
Rejection and exile keep us apart.
The promises are dead, space is dead,
Death alone has become our meeting point.
We no longer meet,
Rejection and exile keep us apart.
The promises are dead, space is dead,
Death alone has become our meeting point.
9
He shuts the door
Not to trap his joy
… But to free his grief.
He shuts the door
Not to trap his joy
… But to free his grief.
10
A newscast
About a woman in love
Being killed,
About a boy being kidnapped
And a policeman growing into a wall.
A newscast
About a woman in love
Being killed,
About a boy being kidnapped
And a policeman growing into a wall.
11
Whatever comes it will be old
So take with you anything other than this madness — get ready
To stay a stranger …
Whatever comes it will be old
So take with you anything other than this madness — get ready
To stay a stranger …
12
They found people in sacks:
One without a head
One without a tongue or hands
One squashed
The rest without names.
Have you gone mad? Please.
Do not write about these things.
They found people in sacks:
One without a head
One without a tongue or hands
One squashed
The rest without names.
Have you gone mad? Please.
Do not write about these things.
13
You will see
Say his name
Say I painted his face
Stretch your hand to him
Or walk like any man
Or smile
Or say I was once sad
You will see
There is no homeland …
You will see
Say his name
Say I painted his face
Stretch your hand to him
Or walk like any man
Or smile
Or say I was once sad
You will see
There is no homeland …
14
There may come a time when you'll be
Accepted to live deaf and dumb, and perhaps
They'll let you mumble: death,
Life, resurrection —
And peace be upon you.
There may come a time when you'll be
Accepted to live deaf and dumb, and perhaps
They'll let you mumble: death,
Life, resurrection —
And peace be upon you.
15
He wears Jihad uniform, struts in a mantle of ideas.
A merchant — he does not sell clothes, he sells people.
He wears Jihad uniform, struts in a mantle of ideas.
A merchant — he does not sell clothes, he sells people.
16
They took him to a ditch and burnt him.
He was not a murderer, he was a boy.
He was not …
He was a voice
Vibrating, scaling the steps of space.
And now he's fluting in the air.
They took him to a ditch and burnt him.
He was not a murderer, he was a boy.
He was not …
He was a voice
Vibrating, scaling the steps of space.
And now he's fluting in the air.
17
Darkness.
The earth's trees have become tears on heaven's cheeks.
An eclipse in this place.
Death snapped the city's branch and the friends departed.
Darkness.
The earth's trees have become tears on heaven's cheeks.
An eclipse in this place.
Death snapped the city's branch and the friends departed.
18
You do not die because you are created
You do not die because you are created
or because you have a body
You die because you are the face of the future.
You die because you are the face of the future.
19
The flower that tempted the wind to carry its perfume
Died yesterday.
The flower that tempted the wind to carry its perfume
Died yesterday.
20
The sun no longer rises
It covers its feet with straw
And slips away …
The sun no longer rises
It covers its feet with straw
And slips away …
Figli della luna di Maurizio Leigheb

Maurizio Leigheb, Figli della luna. Vita e morte tra i pigmei della Nuova Guinea, Novara, Interlinea, 2013
Questa narrazione è anche un caso antropologico. Racconta in prima persona la vera storia di una straordinaria sopravvivenza umana: il popolo dei Pigmei Fa che vive in una sperduta valle sui monti della Nuova Guinea indonesiana. Sono uomini e donne destinati a soccombere e forse a scomparire per sempre all’arrivo degli invasori stranieri. L’etnologo Leigheb viene a contatto con loro subendo il profondo fascino dei luoghi e dell’esistenza isolata e “primitiva” delle comunità indigene fino a raccogliere il loro racconto, che mescola la realtà con la potenza creativa del sogno e la magia. Al di là delle avvincenti vicende narrate, il libro adombra anche problematiche e conflitti di natura universale come la costante lotta tra il Bene e il Male e l’osservazione di comportamenti, sentimenti e pulsioni. Un fantastico viaggio nel tempo e nell’evoluzione dell’uomo.
'amiamo queste montagne verdi, queste valli scoscese e profonde, […] amiamo la luce pura e violenta che le illumina, il cielo che le sovrasta e le loro notti piene di stelle, dove appare Wala, la grande madre luna, che veglia su di noi'
Sonno di Murakami Haruki
mercoledì 25 febbraio 2015
Il mare racchiuso tra me e te di Silvia Littardi
Si svegliò quando si accorse che le stava cingendo la
vita con un braccio, avvicinandola a sé.
Sorrise mentre le baciava piano il collo e le spalle, ma
tristemente: uscendo dal torpore i ricordi e le preoccupazioni riprendevano
colore, tornando vividi.
Era inutile parlarne ancora, rischiando di rovinare
quelle ultime ore, così si limitò a voltarsi e a tuffare la testa nell’incavo
della sua spalla, abbracciandolo e premendosi contro il suo petto.
Non lo vedeva, ma poteva quasi sentirlo sorridere con
dolcezza mentre le accarezzava i capelli.
Ci stavano pensando entrambi, ma per un tacito accordo si
poteva ancora fingere che non fosse così. Alla fine fu lui a rompere il
silenzio: «È quasi ora». Lo disse con una punta di malinconia, ma con un tono
che non lasciava spazio alle proroghe. Lei chiuse un attimo gli occhi e con un
sospiro cacciò fuori l’indecisione: avrebbe avuto tutto il tempo per fare la
lagna più tardi, adesso decise, non era proprio il momento. «Tu vai pure a
lavarti, io ti preparo qualcosa da mangiare e il thermos». Si diedero ancora un
bacio, prima di sciogliere l’intrico dei corpi e alzarsi.
Guardando il mare dalla finestra ebbe un brivido, allora
prese lo scialle blu dalla sedia, se lo gettò sulle spalle e tornò ad
appoggiarsi al vetro, cercando di godere il tepore degli ultimi raggi della
giornata. Tendendo l’orecchio riusciva a sentirlo muoversi nella camera.
Ridacchiò ascoltando le brevi imprecazioni che accompagnavano la ricerca del
vestiario. Nel silenzio della casa vuota le sarebbero mancate anche quelle.
Alla fine comparve sulla soglia della cucina.
La prima volta che l’aveva visto indossava gli stessi
abiti. Anche se allora era appena tornato. Lei e le sue amiche erano andate a
vederli sbarcare per trascorrere diversamente il pomeriggio, per approfittare
del raro evento in grado di spezzare la monotonia dell’anno. Doveva essere un
gioco. Lui ci aveva scherzato sin dal primo momento: «Starò qui solo per sei
mesi, ma non sarà un problema. Probabilmente ci stancheremo molto prima».
E come due cretini avevano finito con l’innamorarsi.
Si salutarono sulla veranda. Accompagnarlo sino al porto
avrebbe solo prolungato lo strazio, senza contare che, lui non l’avrebbe
ammesso, rischiava di metterlo in imbarazzo di fronte agli altri. Voleva
evitare scene melodrammatiche: se fosse andata con lui avrebbe finito per
sedersi sulla punta del molo, a guardare la nave allontanarsi sinché non fosse
diventata un puntino all’orizzonte. No, era stato molto meglio baciarlo un’ultima
volta sotto le fronde degli ulivi e poi guardarlo dirigersi verso la spiaggia.
Per poi tornare in casa e finalmente piangere.
Sulla punta del molo ci andò lo stesso, ma a notte fonda.
La prima sera non ce l’aveva fatta ad affrontare il letto vuoto, con il cuscino
che conservava ancora il suo odore. Aveva divelto le lenzuola, disfatto la
stanza, messo tutto alla serena ed era uscita. Trovò lo scoglio meno scomodo
che le riuscì, si sedette e prese a fissare i mille frammenti di luce seminati
tra le onde. Ci mancava solo la luna piena a sbeffeggiarla.
Erano già passati due mesi quando arrivò la prima
lettera. Si impose di leggerla con calma e quando vide la firma non riuscì a
trattenere un sorriso: le scriveva come se si fossero appena salutati,
raccontandole buffi aneddoti della vita in mare e descrivendole i posti che
aveva visitato. Nessun rimpianto, nessuna promessa. Solo nell’ultima riga si
era lasciato scappare una punta di sentimentalismo: «Non riesco a smettere di
pensarti». «Neanch’io» sussurrò lei.
Avevano parlato spesso del momento in cui si sarebbero
divisi ed erano d’accordo che sarebbe stato inutile e crudele chiedersi a
vicenda di aspettare. Si sarebbero salutati e basta, grati per quei mesi ma
senza illusioni destinate a infrangersi. Si rigirò la lettera tra le dita
ancora un momento prima di infilarla nel cassetto del comodino. Ringraziò
mentalmente per quel regalo inaspettato, ma andò a dormire con la convinzione
che non ne avrebbe ricevuti altri.
Le lettere arrivarono comunque. Non spesso ma ogni due o
tre mesi, regolarmente. Il tono era sempre lo stesso: tranquillo e spensierato,
le storie esotiche si intrecciavano ai piccoli dettagli.
Per qualche tempo continuò ad imporsi un cinico realismo.
Prima o poi si sarebbe stancato, avrebbe incontrato un’altra, doveva essere
preparata ad un futuro silenzio. Alla fine però non poté impedirsi di sperare,
mentre ogni parola andava ad alimentare quella tenue fiammella.
«Questa è l’ultima lettera che riceverai da me». Sentì il
cuore fermarsi, per poi riprendere a un ritmo folle «Se riuscirò ad essere
abbastanza veloce, quando leggerai queste righe sarò già arrivato, ma se così
non fosse non preoccuparti. Sto tornando e questa volta, te lo prometto, ti
toccherà sopportarmi molto più a lungo». Fece per correre fuori, ma si fermò
sulla soglia sentendosi terribilmente stupida. Posò con delicatezza la lettera
sul tavolo, sorrise guardando il disordine in cui versava la casa e si rimboccò
le maniche.
Arrivata la sera lasciò che l’aroma del caffè riempisse la
cucina, poi andò in camera. Tirò fuori dal cassetto il fascio di buste e,
stringendolo come se fosse una reliquia, andò a sedersi sotto il portico. Con
le lettere in grembo e la tazza accanto a sé si incantò per un attimo a
osservare il mare in lontananza. La serata era fresca, ma non sentiva più i
brividi.
lunedì 23 febbraio 2015
Il commento di Rinaldo Corso alle poesie di Vittoria Colonna
Rinaldo Corso nacque a Verona il 15 febbraio 1525 da Ercole Macone Corso, condottiero al servizio della Repubblica Veneta, e da Margherita Merli, ma trascorse l’adolescenza a Correggio, città natale della madre, dove la famiglia poi si trasferì in seguito alla morte di Ercole, avvenuta durante l’assedio di Cremona il 15 agosto 1526.
Dopo i primi studi sotto la guida di Bartolomeo Zanotti, il Corso si stabilì a Bologna per perfezionarsi in diritto alla scuola di Andrea Alciato e Mariano Sozzini. All’età di soli sedici anni, durante le vacanze estive a Correggio, si dedicò al commento di 158 componimenti di Vittoria Colonna (1492-1547), una delle prime celebri poetesse italiane e moglie del marchese di Pescara Ferrante di Avalos. Legata da una profonda amicizia con i maggiori poeti e artisti del tempo, fra cui Michelangelo e Galeazzo di Tarsia, Vittoria Colonna scelse come tema dominante delle sue Rime l’amore per il marito e il dolore per la sua perdita, vissuto in termini di alta spiritualità. Un ruolo centrale nella poetica di Vittoria Colonna è occupato, inoltre, dal profondo travaglio religioso, che la portò ad accostarsi temporaneamente alle idee riformistiche, per poi tornare all’ortodossia negli ultimi anni della sua vita.
L’annotazione alle Rime Amorose e Spirituali della marchesa di Pescara da parte di Rinaldo Corso (impresa in quegli anni assolutamente innovativa, dal momento che l’autrice era ancora in vita) avvenne dunque nel 1541.
Lo affermò lo stesso autore nella lettera di dedica a Veronica Gambara che accompagna l’edizione del suo commento del 1543 (nella lettera, datata Bologna 15 febbraio 1542, il Corso accennò, infatti, alle ‘Rime della divina Vittoria da me la ‘state passata isposte’). L’opera fu probabilmente terminata per la fine dell’estate, prima del suo rientro a Bologna per proseguire gli studi.
Nel 1543 Rinaldo Corso decise di pubblicare solamente la parte del suo commento: quella consacrata alle Rime Spirituali.
L’opera completa vide la luce, dopo essere stata sottoposta ad una consistente rielaborazione, che non intaccava tuttavia l’ordinamento dei testi, a Venezia presso i Sessa, molti anni dopo, nel 1558.
Un esemplare di questa edizione è conservato nel Fondo Molli della Biblioteca Marazza di Borgomanero (AC 0254).
(Elisa Simonotti)
Si veda anche:(Elisa Simonotti)
https://www.academia.edu/10719284/L_ESPOSITIONE_DI_RINALDO_CORSO_ALLE_RIME_DI_VITTORIA_COLONNA
http://sistemabibliotecariomedionovarese.blogspot.it/2015/02/libri-rari-preziosi-curiosi-rinaldo.html
venerdì 30 gennaio 2015
Per non dimenticare... Orders from the Dead di Diamanda Galás
YOU can NOT ERASE MY NAME
YOU can NOT ERASE OUR DEAD
YOU CANNOT ERASE THE DEAD
[...]
MY DEATH IS WRITTEN
IN A ROCK THAT CAN
NOT BE
BROKEN!
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
But these flames are NOT new
To OUR dead
OUR dead did cry their final prayer in those flames
Our dead did sing their last lullaby in those flames
Our dead prayed to our infidelite Gd in those flames
Our dead whispered a last goodbye to their mother
IN THOSE FLAMES
Της είπα, "Μάνα, μην σκιάζεσαι. Θα γυρίσουμε. Έχε γεια, μάνα!" (Tis ìpa, "Màna, min skiàzese. Tha yirìsume. Èhe ya, màna!" - I told her, "Mother, do not be saddened. We'll return. Goodbye, mother!")
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
OUR dead clawed their children close in
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
"Τα παιδιά μου καλέ! Μην είδατε τα παιδιά μου; Για όνομα του Θεού! Ωχ, μου τα πήρανε… και τι να θέλω τη ζωή; Τα παιδιά μου! Τα παιδιά μου!" Βαζει μια τρεχάλα για την θάλασσα… πέφτει και πνίγεται. ("Ta pedhià mu kalè! Min ìdhate ta pedhià mu? Ya ònoma tu Theù! Oh, mu ta pìrane... ke ti na thèlo ti zoì? Ta pedhià mu! Ta pedhià mu!" Vàzi mia trehàla ya tin thàlasa... pèfti ke pnìyete. - "My dear children! Have you not seen my children? For God's sake! Oh, they took them from me… and what should I live for? My children! My children!" She runs to the sea… she falls and drowns.)
OUR dead watched their daughters
16 times
RAPED AND BEATEN
in the still-burning of THOSE FLAMES
OUR dead watched an ax remove their
mother’s skull
and crown a wooden spit
in the continuous burning of THOSE FLAMES
Αρπάξανε από την τετράδα μας, του σκίσανε την κοιλιά με μια μαχαιριά, τον βάλανε και βάδισε, κρατώντας τ'άντερά του στα χέρια. (Arpàxane apò tin tetràdha mas, tu skìsane tin kilià me mia maherià, ton vàlane ke vàdhise, kratòndas t'ànderà tu sta hèria. - They grabbed one of our quartet and tore his stomach with a knife. They made him march, holding his viscera in his hands.)
OUR DEAD watched while Chrysotomos'
eyes and tongue were pulled out,
teeth and fingers broken, one by one,
in the laughing and the cheering
OF THOSE FLAMES
OUR DEAD watched their sisters drenched with gasoline
and scream with melting skin
“THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES”
OUR DEAD gave birth to Turkish victories
the gurgling and then dying trophy.
on a bayonet which marked the borders of
THE WORLD WHICH IS GOING UP IN FLAMES
Για όνομα του Χριστού! Μην μας αφήσετε! Έχουμε μωρά μαζί μας, έχουμε γερόντους, κορίτσια… Είστε υπεύθυνοι! Νάυαρχε, νάυαρχε… Φωτιά! Φωτιά! (Ya ònoma tu Hristù! Min mas afìsete! Èhume morà mazì mas, èhume yeròndus, korìtsia... ìste ipèfthini! Nàvarhe, nàvarhe... Fotià, fotià! - For Christ's sake! Do not leave us! We have babies with us, we have elders, girls… You are responsible! Admiral, admiral… Fire! Fire!)
OUR DEAD WERE DRAGGED IN MARCHES
THROUGH THE DESERT SUN
FOR WEEKS UNTIL THE SUN BURNED OUT THEIR LUNGS
and when the desert sun which was burning them like flames
ripped apart their lips, we heard the final prayer
LORD GOD HAVE MERCY LORD UPON OUR SOULS!
Μας προδώσανε! Μας ξεπουλήσανε! Π'ανάθεμά τους! Νάυαρχε, τι κάνεις; Νάυαρχε, σώστε μας! Φωτιά! Φωτιά! (Mas prodhòsane! Mas xepulìsane! P'anàthemà tus! Nàvarhe, ti kànis? Nàvarhe, sòste mas! Fotià! Fotià! - We are betrayed! We were sold out! God damn them! Admiral, what are you doing? Admiral, save us! Fire! Fire!)
They saw the WORLD IS GOING UP IN FLAMES
buried, not yet dead inside the pits
engraved:
“GIAOURI, INFIDELI:
OUR GOD HAS CHOSEN YOU TO DIE”
Γονάτισε κάτω! Και γονατίζει. Ξεγυμνώσου! Και ξεγυμνώνεται. Ανοιχτά τα σκέλια σου! Και τα ανοίγει. Χόρεψε! Και χορεύει. Φτύσε την τιμή σου και την πατρίδα σου! Και φτύνει. Απαρνήσου την πίστη σου! Και την απαρνιέται. ( Gonàtise kàto! Ke gonatìzi. Xeyimnòsu! Ke xeyimnònete. Anihtà ta skèlia su! Ke ta anìyi. Hòrepse! Ke horèvi. Ftìse tin timì su ke tin patrìdha su! Ke ftìni. Aparnìsu tin pìsti su! Ke tin aparniète. - "Kneel down!" And she kneels. "Undress!" And she undresses. "Open your legs!" And she opens them. "Dance!" And she dances. "Spit on your honor and your country!" And she spits. "Deny your faith!" And she denies.)
And now the unblessed dead have ordered us to say:
THIS is my GRAVE, MY HOLY BED
YOU CANNOT take it
YOU can NOT ERASE MY NAME
YOU can NOT ERASE OUR DEAD
YOU CANNOT ERASE THE DEAD
Because we have been ordered now
to list their names, their numbers,
to give their date of birth, their earthly city,
their father’s name, the sweetness
of their mother’s eyes
GOODBYE
GOODBYE
GOODBYE
and forevermore
We’ll see you when the desert meets the sky
But do not FORGET MY NAME
And so these were the orders from the dead
said without a word but with a final glance:
the
SECOND
granted to the Infidel
since an Infidelite Hell
should NOT require a prayer
should NOT require a silent moment
And now the Infidel is told
to forgive and to forget
to understand :
Advance into a paradise of Dead Memories,
of Living Death, the Old Folks Home
of Catatonia
of Madness
and Despair.
“Do not ask me for the NUMBER of that Grave:
It has been stolen.”
“What IS this love for bones and dirt?
Put this ancient thing behind you, Infidelite
You HAVE no claim to GOD
You HAVE no claim to PEACE
YOu HAVE no claim to JOY
YOU HAVE NO CLAIM
YOU HAVE NO CLAIM
YOU HAVE NO CLAIM
GIAVOURI!!!!
Remember just how lucky, sperm of Satan,
that you are:
to even BE
alive.
NOW!
HERE!
ACROSS THE SEA!
GIAVOUR!
You HAVE no God.
A man without a God
Can NOT be burned ALIVE
He never WAS alive,
not as a MAN, giavour,
but as a DOG.”
BUT I HAVE orders from the Dead
that warn me:
“DO NOT FORGET ME:
My blood will fill the air you breathe
FOREVER.”
“MY DEATHBIRD is Not DEAD
HE CARRIES ALL MY TEETH:
MY SMILE OF UNFORGETFULNESS,
MY LAUGH!
VRYKOLAKA!
I am the man unburied
who CANNOT sleep
IN FORTY PIECES!!!!!
I am the girl,
dismembered
and unblessed,
I am the open mouth
that drags your flesh
and will never rest
until
MY DEATH IS WRITTEN
IN A ROCK THAT CAN
NOT BE
BROKEN!”
And these are the orders
from The Dead.
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
But these flames are NOT new
To OUR dead
OUR dead did cry their final prayer in those flames
Our dead did sing their last lullaby in those flames
Our dead prayed to our infidelite Gd in those flames
Our dead whispered a last goodbye to their mother
IN THOSE FLAMES
Της είπα, "Μάνα, μην σκιάζεσαι. Θα γυρίσουμε. Έχε γεια, μάνα!" (Tis ìpa, "Màna, min skiàzese. Tha yirìsume. Èhe ya, màna!" - I told her, "Mother, do not be saddened. We'll return. Goodbye, mother!")
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
OUR dead clawed their children close in
THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES
"Τα παιδιά μου καλέ! Μην είδατε τα παιδιά μου; Για όνομα του Θεού! Ωχ, μου τα πήρανε… και τι να θέλω τη ζωή; Τα παιδιά μου! Τα παιδιά μου!" Βαζει μια τρεχάλα για την θάλασσα… πέφτει και πνίγεται. ("Ta pedhià mu kalè! Min ìdhate ta pedhià mu? Ya ònoma tu Theù! Oh, mu ta pìrane... ke ti na thèlo ti zoì? Ta pedhià mu! Ta pedhià mu!" Vàzi mia trehàla ya tin thàlasa... pèfti ke pnìyete. - "My dear children! Have you not seen my children? For God's sake! Oh, they took them from me… and what should I live for? My children! My children!" She runs to the sea… she falls and drowns.)
OUR dead watched their daughters
16 times
RAPED AND BEATEN
in the still-burning of THOSE FLAMES
OUR dead watched an ax remove their
mother’s skull
and crown a wooden spit
in the continuous burning of THOSE FLAMES
Αρπάξανε από την τετράδα μας, του σκίσανε την κοιλιά με μια μαχαιριά, τον βάλανε και βάδισε, κρατώντας τ'άντερά του στα χέρια. (Arpàxane apò tin tetràdha mas, tu skìsane tin kilià me mia maherià, ton vàlane ke vàdhise, kratòndas t'ànderà tu sta hèria. - They grabbed one of our quartet and tore his stomach with a knife. They made him march, holding his viscera in his hands.)
OUR DEAD watched while Chrysotomos'
eyes and tongue were pulled out,
teeth and fingers broken, one by one,
in the laughing and the cheering
OF THOSE FLAMES
OUR DEAD watched their sisters drenched with gasoline
and scream with melting skin
“THE WORLD IS GOING UP IN FLAMES”
OUR DEAD gave birth to Turkish victories
the gurgling and then dying trophy.
on a bayonet which marked the borders of
THE WORLD WHICH IS GOING UP IN FLAMES
Για όνομα του Χριστού! Μην μας αφήσετε! Έχουμε μωρά μαζί μας, έχουμε γερόντους, κορίτσια… Είστε υπεύθυνοι! Νάυαρχε, νάυαρχε… Φωτιά! Φωτιά! (Ya ònoma tu Hristù! Min mas afìsete! Èhume morà mazì mas, èhume yeròndus, korìtsia... ìste ipèfthini! Nàvarhe, nàvarhe... Fotià, fotià! - For Christ's sake! Do not leave us! We have babies with us, we have elders, girls… You are responsible! Admiral, admiral… Fire! Fire!)
OUR DEAD WERE DRAGGED IN MARCHES
THROUGH THE DESERT SUN
FOR WEEKS UNTIL THE SUN BURNED OUT THEIR LUNGS
and when the desert sun which was burning them like flames
ripped apart their lips, we heard the final prayer
LORD GOD HAVE MERCY LORD UPON OUR SOULS!
Μας προδώσανε! Μας ξεπουλήσανε! Π'ανάθεμά τους! Νάυαρχε, τι κάνεις; Νάυαρχε, σώστε μας! Φωτιά! Φωτιά! (Mas prodhòsane! Mas xepulìsane! P'anàthemà tus! Nàvarhe, ti kànis? Nàvarhe, sòste mas! Fotià! Fotià! - We are betrayed! We were sold out! God damn them! Admiral, what are you doing? Admiral, save us! Fire! Fire!)
They saw the WORLD IS GOING UP IN FLAMES
buried, not yet dead inside the pits
engraved:
“GIAOURI, INFIDELI:
OUR GOD HAS CHOSEN YOU TO DIE”
Γονάτισε κάτω! Και γονατίζει. Ξεγυμνώσου! Και ξεγυμνώνεται. Ανοιχτά τα σκέλια σου! Και τα ανοίγει. Χόρεψε! Και χορεύει. Φτύσε την τιμή σου και την πατρίδα σου! Και φτύνει. Απαρνήσου την πίστη σου! Και την απαρνιέται. ( Gonàtise kàto! Ke gonatìzi. Xeyimnòsu! Ke xeyimnònete. Anihtà ta skèlia su! Ke ta anìyi. Hòrepse! Ke horèvi. Ftìse tin timì su ke tin patrìdha su! Ke ftìni. Aparnìsu tin pìsti su! Ke tin aparniète. - "Kneel down!" And she kneels. "Undress!" And she undresses. "Open your legs!" And she opens them. "Dance!" And she dances. "Spit on your honor and your country!" And she spits. "Deny your faith!" And she denies.)
And now the unblessed dead have ordered us to say:
THIS is my GRAVE, MY HOLY BED
YOU CANNOT take it
YOU can NOT ERASE MY NAME
YOU can NOT ERASE OUR DEAD
YOU CANNOT ERASE THE DEAD
Because we have been ordered now
to list their names, their numbers,
to give their date of birth, their earthly city,
their father’s name, the sweetness
of their mother’s eyes
GOODBYE
GOODBYE
GOODBYE
and forevermore
We’ll see you when the desert meets the sky
But do not FORGET MY NAME
And so these were the orders from the dead
said without a word but with a final glance:
the
SECOND
granted to the Infidel
since an Infidelite Hell
should NOT require a prayer
should NOT require a silent moment
And now the Infidel is told
to forgive and to forget
to understand :
Advance into a paradise of Dead Memories,
of Living Death, the Old Folks Home
of Catatonia
of Madness
and Despair.
“Do not ask me for the NUMBER of that Grave:
It has been stolen.”
“What IS this love for bones and dirt?
Put this ancient thing behind you, Infidelite
You HAVE no claim to GOD
You HAVE no claim to PEACE
YOu HAVE no claim to JOY
YOU HAVE NO CLAIM
YOU HAVE NO CLAIM
YOU HAVE NO CLAIM
GIAVOURI!!!!
Remember just how lucky, sperm of Satan,
that you are:
to even BE
alive.
NOW!
HERE!
ACROSS THE SEA!
GIAVOUR!
You HAVE no God.
A man without a God
Can NOT be burned ALIVE
He never WAS alive,
not as a MAN, giavour,
but as a DOG.”
BUT I HAVE orders from the Dead
that warn me:
“DO NOT FORGET ME:
My blood will fill the air you breathe
FOREVER.”
“MY DEATHBIRD is Not DEAD
HE CARRIES ALL MY TEETH:
MY SMILE OF UNFORGETFULNESS,
MY LAUGH!
VRYKOLAKA!
I am the man unburied
who CANNOT sleep
IN FORTY PIECES!!!!!
I am the girl,
dismembered
and unblessed,
I am the open mouth
that drags your flesh
and will never rest
until
MY DEATH IS WRITTEN
IN A ROCK THAT CAN
NOT BE
BROKEN!”
And these are the orders
from The Dead.
mercoledì 7 gennaio 2015
Look at love di Jalal Al Din Rumi
Noto anche come Jalal ad-Din Muḥammad Rūmī o Mevlana (Mawlana) Jelaluddin Rumi (Balkh, 30 settembre 1207 – Konya, 17 dicembre 1273), Rumi è stato un importantissimo mistico persiano, a sua volta figlio di un noto predicatore, e considerato il più grande poeta della letteratura persiana.
Molte sono le notizie, spesso contrastanti, che sono state tramandate sulla sua vita.
Una fonte fondamentale è la biografia scritta dal figlio di Rumi, Walad. Quello che è certo è che nel 1219 Rumi ha lasciato il nord-est dell’Iran per stabilirsi nell’Asia Minore a Konya. Lì Rumi inizio gli studi teologici, mentre qualche anno più tardi, a Damasco, incontrò il grande mistico islamico Ibn Arabi.
Due sono le opere principali scritte da Rumi: l’immensa raccolta di odi Divan-i Shams-i Tabrīz e il lunghissimo poema a rime baciate dal titolo Masnavī-yi Mànavi. Le sue teorie, nonché i suoi componimenti sono tuttora fonte di ispirazione per molti artisti. Non di rado alcuni suoi versi sono stati citati anche in opere cinematografiche.
Ultima in ordine di tempo è la citazione nel recentissimo film Dracula Untold della poesia tradotta in inglese da Nader Khalili nel volume Fountain of Fire con il titolo Look at Love. I versi sono pronunciati da Dracula interpretato dal famoso attore britannico Luke Evans: 'Perché pensare questa vita separata dalla prossima quando l'una nasce dall'altra?'
Dracula Untold - Scena finale
Luke Evans nasce il 15 aprile 1979 e trascorre l'infanzia tra piccoli villaggi immersi nella campagna del Galles. L'amore per l'arte non comincia dalla recitazione, ma dal canto: prima a Cardiff e, dopo aver vinto una borsa di studio, al The London Studio Center. Diplomatosi nel 2000, esordisce sui palcoscenici del West End in numerose produzioni minori e si guadagna una discreta reputazione tra Londra e il celebre festival teatrale di Edimburgo. Il ruolo che gli permette di emergere arriva nel 2008 con Small Change, opera scritta e diretta da Peter Gill per la Donmar Warehouse.
Compiuti trent'anni, Evans abbandona il teatro per il cinema. Nel 2009 compare per la prima volta sul grande schermo nei panni del dio Apollo in Scontro tra titani, in mezzo a un cast che annovera Sam Worthington, Liam Neeson e Ralph Fiennes. Da quel momento la sua carriera a Hollywood prosegue tra piccole parti e titoli di grande richiamo: l'anno successivo viene diretto prima da Ridley Scott in Robin Hood e successivamente da Stephen Frears nella pellicola Tamara Drewe – Tradimenti all'inglese.
A poco a poco il nome di Luke Evans conquista sempre più spazio nelle locandine cinematografiche: nel 2011 interpreta Aramis nel film di Paul W. S. Anderson su I Tre Moschettieri, il padre degli dei in Immortals e l'ispettore Emmett Fields che, accanto a John Cusack nei panni di Edgar Allan Poe, cerca di svelare i misteri di The Raven. La fama mondiale lo raggiunge però con la partecipazione alla trilogia de Lo Hobbit diretta da Peter Jackson. Nel secondo e terzo capitolo della saga Luke Evans è Bard l'arciere, l'uccisore del terribile drago Smaug. Gli ultimi ruoli lo vedono come antagonista in Fast & Furios 6 e protagonista assoluto in Dracula Untold.
Ecco la poesia:
Una fonte fondamentale è la biografia scritta dal figlio di Rumi, Walad. Quello che è certo è che nel 1219 Rumi ha lasciato il nord-est dell’Iran per stabilirsi nell’Asia Minore a Konya. Lì Rumi inizio gli studi teologici, mentre qualche anno più tardi, a Damasco, incontrò il grande mistico islamico Ibn Arabi.
Due sono le opere principali scritte da Rumi: l’immensa raccolta di odi Divan-i Shams-i Tabrīz e il lunghissimo poema a rime baciate dal titolo Masnavī-yi Mànavi. Le sue teorie, nonché i suoi componimenti sono tuttora fonte di ispirazione per molti artisti. Non di rado alcuni suoi versi sono stati citati anche in opere cinematografiche.
Ultima in ordine di tempo è la citazione nel recentissimo film Dracula Untold della poesia tradotta in inglese da Nader Khalili nel volume Fountain of Fire con il titolo Look at Love. I versi sono pronunciati da Dracula interpretato dal famoso attore britannico Luke Evans: 'Perché pensare questa vita separata dalla prossima quando l'una nasce dall'altra?'
Una scena tratta da Dracula Untold
Dracula Untold - Scena finale
Luke Evans nasce il 15 aprile 1979 e trascorre l'infanzia tra piccoli villaggi immersi nella campagna del Galles. L'amore per l'arte non comincia dalla recitazione, ma dal canto: prima a Cardiff e, dopo aver vinto una borsa di studio, al The London Studio Center. Diplomatosi nel 2000, esordisce sui palcoscenici del West End in numerose produzioni minori e si guadagna una discreta reputazione tra Londra e il celebre festival teatrale di Edimburgo. Il ruolo che gli permette di emergere arriva nel 2008 con Small Change, opera scritta e diretta da Peter Gill per la Donmar Warehouse.
Compiuti trent'anni, Evans abbandona il teatro per il cinema. Nel 2009 compare per la prima volta sul grande schermo nei panni del dio Apollo in Scontro tra titani, in mezzo a un cast che annovera Sam Worthington, Liam Neeson e Ralph Fiennes. Da quel momento la sua carriera a Hollywood prosegue tra piccole parti e titoli di grande richiamo: l'anno successivo viene diretto prima da Ridley Scott in Robin Hood e successivamente da Stephen Frears nella pellicola Tamara Drewe – Tradimenti all'inglese.
A poco a poco il nome di Luke Evans conquista sempre più spazio nelle locandine cinematografiche: nel 2011 interpreta Aramis nel film di Paul W. S. Anderson su I Tre Moschettieri, il padre degli dei in Immortals e l'ispettore Emmett Fields che, accanto a John Cusack nei panni di Edgar Allan Poe, cerca di svelare i misteri di The Raven. La fama mondiale lo raggiunge però con la partecipazione alla trilogia de Lo Hobbit diretta da Peter Jackson. Nel secondo e terzo capitolo della saga Luke Evans è Bard l'arciere, l'uccisore del terribile drago Smaug. Gli ultimi ruoli lo vedono come antagonista in Fast & Furios 6 e protagonista assoluto in Dracula Untold.
Ecco la poesia:
Look at
love
Look at
love
how it
tangles
with the
one fallen in love.
Look at
spirit
how it
fuses with earth
giving it
new life .
Why are you
so busy
with this
or that or good or bad?
Pay
attention to how things blend!
Why talk
about
all the
known and the unknown?
See how the
unknown merges into the known!
Why think
separately
of this
life and the next
when one is
born from the last?
Look at
your heart and tongue:
one feels
but deaf and dumb,
the other
speaks in words and signs.
Look at
water and fire,
earth and
wind:
enemies and
friends all at once.
The wolf
and the lamb,
the lion
and the deer:
far away
yet together.
Look at the
unity
of this
spring and winter
manifested
in the equinox.
You too
must mingle, my friends,
since the
earth and the sky
are mingled
just for you and me.
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